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LIBRERIA STUDIUM
Libreria medica internazionale
- PADOVA -
LIBRERIA STUDIUM
0,00 €
Il Meningioma puo’ attendere… o no?
Scotti
Editore
Idelson Gnocchi
Anno
2023
Pagine
102
ISBN
9788879477970
30,00 €
I prezzi indicati possono subire variazioni poiché soggetti all'oscillazione dei cambi delle valute e/o agli aggiornamenti effettuati dagli Editori.

Premessa
Che bella idea Professore…
Già, che bella idea. Questa affermazione, apparentemente autoelogiativa, mi perseguita, assieme ad una domanda che arriva da meno lontano e che suona più concreta: “troverò un editore?”.
Da quando ho deciso di scrivere un libro sui meningiomi me lo sono chiesto più volte, con un po’ di inquietudine, prima di iniziare questo racconto.
L’inquietudine è giustificata da precedenti esperienze fra cui la seguente di qualche anno fa: “Professore, che bella idea, che bel libro. Originale e intelligente”. Questo l’approccio con la direttrice editoriale di una importante Casa Editrice, che ha un ampio catalogo di libri per bambini e ragazzi oltre a negozi e librerie, non solo a Milano. Mi aveva accompagnato a casa sua, il 16 aprile 2019, una amica che scrive con successo libri per ragazzi, e a cui avevo chiesto consiglio per muovermi in un mondo, quello dell’editoria giovanile, che non conosco, che non mi è famigliare.
Io non scrivo libri per ragazzi; sono medico neuroradiologo, sono stato professore universitario, ho fatto il primario per 24 anni al San Raffaele di Milano dal 1987 al 2011 e per tre anni, dal 2001 al 2004 il Preside della Facoltà di Medicina. Ora lavoro come consulente al CDI (Centro Diagnostico Italiano), essendo in pensione da incarichi universitari e ospedalieri dal 1 novembre 2011, per raggiunti limiti di età (allora erano 72 anni).
Ho sì scritto e pubblicato libri, ma di medicina(1), non libri per ragazzi, e qualche libro di “storia” della mia disciplina, oltre a biografie ed a racconti con elementi autobiografici.(2, 3, 4, 5, 6, 7, 8).
Ma da quando sono nonno e assisto alla rapida crescita di tre nipotine, ora (anno 2023) rispettivamente di 9 anni (due gemelle), e di quasi 13, mi preoccupo, forse eccessivamente, delle modalità della loro rapida crescita: non quella fisica, ma quella intellettuale e di personalità.
In questo mondo ipertecnologico, iperinformato, iperconnesso dominato dai social e dall’infotainment, Tik Tok, Instagram, Twitter, Facebook, chatGPT, non mi capacito che sia quasi più il tempo da loro speso con telefonino, tablet, cartoni animati e videogiochi, che non a giocare fuori casa, a guardarsi in giro, a “scoprire il mondo” con “stupore e meraviglia”.
Anche per questo, come stimolo a guardarsi in giro, per scoprire luoghi e conoscere la città in cui viviamo, anziché fissare uno schermo, mi ero inventato una sorta di gioco che è diventato un libro intitolato “A caccia di leoni… a Milano”.
È la proposta di questo libro che incontra l’apprezzamento e il plauso della editor: un giro per Milano a caccia di sculture su monumenti, fregi sulle case, bassorilievi sulle facciate delle chiese, mosaici in Galleria, raffiguranti leoni!
Scovato e visto il leone, che sia un corpo intero di una statua marmorea o anche solo una testa di pietra con criniera sulla facciata di una casa, o un pomolo di bronzo di un portone, fotografatolo col telefonino, segue un essenziale ed elementare dialogo nonno e nipote che si alterna alle immagini nel libro, spiegandone la storia, il senso e le ragioni dei leoni in quei luoghi: l’obelisco e il leone Borleo in Porta Vittoria, piazza che ricorda le gloriose Cinque Giornate combattute dai milanesi contro gli austriaci del maresciallo Radetzky nel 1848; il monumento a Garibaldi in piazza Castello, due leoni ai piedi dell’eroe dei due mondi a sottolineare l’importanza delle sue imprese nell’ottocento; il trionfalismo monumentale imperial fascista della Stazione Centrale inaugurata nel 1931, con la facciata e gli interni sovraccarichi di fasci littori oltre che di leoni; i fregi leonini sulle facciate e sui portoni delle case nel quartiere del Liberty dei primi decenni del novecento; i leoni in piazza del Duomo ai piedi del re Vittorio Emanuele a cavallo; san Girolamo alle prese con la spina nella pianta del piede del leone in un bassorilievo sulla facciata del Duomo… un po’ di richiami di storia, una scoperta progressiva della città… domande e risposte…
“Bel libro, Professore…” afferma l’editor con il manoscritto fra le mani…
Io penso che sia fatta… ho trovato un editore…
“Ma secondo Lei, quante copie ne vendiamo?” è la domanda che segue e che gela gli entusiasmi.
“Non lo posso sapere, mi dica Lei…”. “Non più di 40 professore, il progetto editoriale non regge”.
Quindi, delusione, non se ne fa nulla…
Il libro(8) uscirà comunque in self publishing, come poi suggeritomi di fare dalla stessa editor, avrà due lusinghiere recensioni sul Corriere della Sera e su Repubblica e venderà ben… 71 copie!
Meno deludente, ma non meno problematica, è stata la ricerca dell’editore per gli altri libri che ho su menzionato, il cui successo è stato variabile: in testa, con alcune migliaia di copie vendute, solamente uno, il Manuale di Neuroradiologia…
Ma quanti saranno allora i lettori di un libro come questo, in cui si racconta come affrontare la malattia, nel caso specifico in cui ci si ritrovi con un meningioma endocranico?
Non lo posso sapere.
So però che molti milioni sono le persone a cui prima o poi nella vita capiterà di ritrovarsi, a sorpresa, con questa diagnosi.
Secondo la ABTA (American Brain Tumor Association) l’1% della popolazione adulta ne è affetta; senza, nella maggioranza dei casi, esserne consapevole. Se consideriamo quindi l’età adulta dai 40 anni in su, possiamo pensare che l’1% della metà dell’Umanità potrebbe avere un meningioma. Ma poichè anche in età più giovane ciò può succedere, ebbene sì, sul pianeta Terra ci sono forse quaranta o cinquanta milioni di persone inconsapevoli di avere un meningioma endocranico!
In Italia forse 20 o 30 mila. In America più di centomila… E fra questi il sesso femminile ha il non invidiabile privilegio di un rapporto privilegiato appunto, di circa 4 a 1… In epoca di attenzione e sensibilità per la medicina di genere, il meningioma dovrebbe rientrare fra le patologie specifiche del sesso femminile, degno di considerazione sul piano della prevenzione, anche se non proprio come il tumore al seno. La prevenzione eviterebbe che molte persone scoprano, come succede ora, di avere un meningioma quando il tumore ha raggiunto dimensioni notevoli, anche di cinque centimetri o più di diametro.
Dimensioni per raggiungere le quali sono passati almeno dieci anni, se non di più, di crescita silente e silenziosa, dal momento dell’esordio…
Ma cos’è un meninigioma? È un tumore del cervello come alcuni dicono, o no? Perché viene? Chi colpisce? Come si cura? Come cambia la vita con un meningioma?
A tutte queste domande è possibile trovare risposta in una incredibile quantità di siti in Internet, oltre che in numerosi e ponderosi libri scientifici per i medici, dedicati all’argomento. Digitando su Google: meningioma, il motore di ricerca sforna 9.810.000 risultati in 0,49 secondi! Per non parlare della rapidità con cui ChatGPT , se adeguatamente interrogata, è in grado di fornire in pochi minuti una dotta disquisizione, degna di una relazione congressuale sul meningioma, la diagnosi, la terapia, i rischi connessi al fare e non fare ecc. ecc.
Perché dunque scriverne ancora?
La risposta nasce da un misto di convinte considerazioni, di maturate convinzioni, di perplesse giustificazioni, di imbarazzate autoassoluzioni.
Sì, perché non scriverò solo un libro “di scienza”, o piuttosto di divulgazione scientifica, con utili e documentate informazioni sia scientifiche che pratiche su come comportarsi nel caso di una diagnosi di meningioma.
Ne ho tutto il diritto e la capacità, è il mio mestiere, lo faccio tutti i giorni da una vita (per la precisione, da sessant’anni: mi sono laureato in medicina nell’estate del 1963). Non è questo che mi imbarazza.
Mi imbarazza il rischio della deriva narcisistica sempre in agguato quando ci si trova a riferire anche di elementi autobiografici. Perché anche di questo parlerò.
Le cronache sono piene di esternazioni, di “vissuti di malattia” di personaggi più o meno famosi, dello spettacolo e dello show business soprattutto. Ma anche di persone dello sport, della cultura che condividono sui social, o in interviste ai giornali, in partecipazioni ai talk show, le loro apprensioni, riflessioni, dubbi nel corso dei percorsi diagnostici e terapeutici delle varie patologie con cui si trovano alle prese. Ci sono anche libri di chi ha “combattuto”, o ha “sconfitto” vari tipi di cancro. Terminologia “guerresca” che come vedremo non condivido appieno nel suo implicito messaggio di una sorta di lotta ad armi pari con un nemico che pare si possa sconfiggere quasi più emotivamente che razionalmente, secondo l’impostazione di alcune testimonianze. Qualcuno ha detto che al tumore non importa un bel niente che tu sia o no “un combattente” o un guerriero, termine giornalistico di moda di questi tempi.
Si combatte sì, anche psicologicamente resistendo alla malattia senza deprimersi, ma al giorno d’oggi si deve essere razionalmente consapevoli non solo degli enormi progressi della medicina e della scienza, ma anche dei nostri persistenti grandi limiti nella comprensione profonda delle origini, dei meccanismi, della biologia di molte malattie, soprattutto dei tumori. E quindi non di una lotta individuale solamente si tratta, lotta dalla quale possiamo uscire sconfitti senza colpa, nonostante il massimo impegno individuale, la massima volontà di “combattere”. Dobbiamo essere consapevoli che non si tratta solo di “lottare” individualmente per “sconfiggere” il cancro: il mondo medico, la scienza è in campo schierata al nostro fianco, con le sue capacità, e con i suoi limiti, limiti chiaramente evidenziati e non occultati dalla stessa scienza.
Ma sono limiti che vengono progressivamente superati, soprattutto in questi ultimi decenni grazie al costante impegno e agli straordinari progressi della ricerca scientifica.
Preferisco quindi un linguaggio meno guerresco, meno bellicoso ma più umanamente realistico e fiducioso: non di una lotta né tantomeno di una guerra si tratta, ma piuttosto di una competizione, certamente di una sfida impegnativa ma che fa parte dell’unica gara che ci coinvolge tutti, con molte e impegnative tappe, la vita; questa spettacolare assurdità, come qualcuno l’ha definita, e con un unico traguardo…
Per molte malattie è più probabile che si riesca a scendere ad un compromesso, che ci si accordi per una tregua, o per un lungo armistizio che non porti necessariamente alla sconfitta dell’uno o dell’altro, ma piuttosto ad una lunga convivenza… da affrontare più che con spirito guerresco, con diplomatica saggezza e ferma, ma consapevole serenità.
Per quanto riguarda il meningioma, cercando in Internet, si trovano almeno sette libri di testimoni che sono passati attraverso le varie fasi di questa personale esperienza, e che desiderando fortemente condividerla ne hanno scritto.
Forse è meglio non dirlo all’editore… anche se solo uno di questi sette libri è però in italiano (e self published, per giunta!); gli altri sei sono in inglese… ma ne riparleremo in un apposito capitolo. Per non parlare dei vari siti di consigli medici, di blog tematici a cui sono diecine se non centinaia le persone che, scoperto di avere un meningioma, raccontano la loro storia o si rivolgono per consigli che arrivano abbondanti da parte di neurochirurghi, radioterapisti, talora anche da ciarlatani alternativi…
Perché aggiungere una nuova testimonianza allora? E perché proprio sul meningioma?
Ma perché lo stato di malattia, il passaggio dalla percezione di sé come persona sana a quello di persona dal destino improvvisamente cambiato, è una esperienza importante, nuova, a cui non si è preparati, a cui non siamo stati preparati.
Ma a cui dovremmo esserlo, così come dovremmo essere più consapevoli della fragilità, oltre che della bellezza della vita, questa spettacolare assurdità appunto.
All’atto dello scrivere mi muove la convinzione, come è stato per i leoni a Milano e per altri libri, che scrivere faccia bene non solo a chi legge, ma anche a chi scrive. Non tanto, o non solo, per essere letti e per ottenere solidarietà, sostegno, comprensione o compassione… l’impegno e lo sforzo di tradurre in parole la propria esperienza, il proprio vissuto, aiuta a chiarirsi le idee. E a chiarirle anche a chi si trovi, prima o poi, a vivere la stessa esperienza.
Nel mio caso il mio interesse è soprattutto rivolto a quelle migliaia di persone che scoprono, di solito improvvisamente, e per caso, magari in ottima salute, di avere un tumore all’interno del cranio. Non un tumore al cervello, come talora si legge ancora impropriamente riguardo al meningioma, ma un tumore comunque nella scatola cranica, “dentro la testa”. Molto vicino al cervello però, anche se non dentro al cervello.
E non c’è chi non sia consapevole che il cervello siamo noi, per come siamo fatti, per come pensiamo, agiamo, amiamo, vogliamo, scegliamo, desideriamo, progettiamo, ci muoviamo, creiamo. Senza cervello, o con cervello gravemente danneggiato, niente più di tutto questo.
Nella mia pratica professionale sono molte diecine, o meglio molte centinaia i pazienti con meningioma di cui mi sono occupato, per lo meno sul piano diagnostico e con consigli terapeutici, in rapporto con i colleghi neurochirurghi e radiochirurghi. E le domande sono sempre le stesse: perché è successo?
Che fare? Ci si può curare? Che rischi corro a fare o non fare? Che ne sarà di me? E dei miei cari? E so anche quanto ancora non sappiamo, e quanto di più potremmo sapere se maggiori risorse, economiche e intellettuali, venissero dedicate alla ricerca sull’argomento, con possibilità di sicuri progressi prognostici e terapeutici, con l’ausilio oggi della radiomica, dell’intelligenza artificiale, della proteomica…
Credo quindi di poter dare qualche consiglio, di poter aiutare a capire, a gestire le inevitabili decisioni e scelte che la nuova situazione pone e, forse, a far riflettere anche chi non è ammalato, sulla bellezza e sulla fragilità della vita.
Alla domanda perché dunque scriverne ancora, la risposta è semplice: perché sono molte le persone con meningioma che non sanno di averlo, perché arrivati alla diagnosi non sanno che fare, perché ne ho viste e aiutate molte, perché sono medico, neuroradiologo e posso dare una mano; e perché… anche se sono medico e neuroradiologo, anche io potrei avere un meningioma.
1 aprile 2023

Il titolo
Meningioma for dummies
Tavole anatomiche, un miniatlante
Il meningioma, il destino, i neurochirurghi, la fede, l’INPS e i semi di mostarda…
Un intruso che non guarda in faccia a nessuno… nemmeno ai cani
WHO classification of tumors…
Cronologia: elogio del diario
Lisbona, il meningioma e l’intelligenza artificiale
Intelligenza artificiale e metaverso: riflessioni e fantasie di fine estate
La vecchiaia può attendere? No; e chiudi il rubinetto!
Nelle tue mani
Dal gas esilarante al Propofol
I raggi “buoni”… e il cammello
Neuroradiologi: i tre tenori
Neuroradiologhe
Rieccolo!
Appendice

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